"L’uomo crede di volere la libertà, in realtà ne ha una grande paura. Perché? Perché la libertà lo obbliga a prendere decisioni e le decisioni comportano rischi" (Erich Fromm)

NON ABBIAMO BISOGNO DI SPERIMENTARE UNA SCUOLA NUOVA NELLA DIREZIONE DELLE TECNOLOGIE

Una bambina fuori dalla sua scuola...
(foto di mamma Eleonora)

Reggio Emilia, 12 maggio 2020 

Questa mattina mi sono svegliata e ho trovato tra i messaggi su WhatsApp una Istanza al Ministro dell’Istruzione sul tema del ritorno a scuola con didattica “in presenza” per bambini e famiglie, in rispetto della legittimità costituzionale, sottoscritta da Luca Scantamburlo e Valentina De Guidi in data 11 maggio 2020.

Una istanza molto ben articolata che tocca tantissimi aspetti che stanno preoccupando tutti noi educatori, genitori e insegnanti in vista di una riapertura delle scuole a settembre, con richieste di “distanziamento" sociale tra i bambini che ci paiono poco attuabili, soprattutto per i più piccoli - parlo della scuola dell’infanzia e della primaria - se non mettendo in atto strategie che vadano a cozzare con quanto tutti i padri della pedagogia e della psicologia ci hanno insegnato dalla nascita di queste discipline ad oggi, direi nessuno escluso. 
Si ipotizza anche la perdita del gruppo classe come identità di scambio, di condivisione, di crescita e di percezione. Metà in classe e metà con la DAD, didattica dell'emergenza a distanza: che impatto può avere nel vissuto di bambini così piccoli, ma anche dei ragazzi e degli adolescenti?

Crepet ha così commentato la proposta della ministra Azzolina: “Mi fa orrore che il ministro mandi metà dei bambini a diventare autistici digitali”.
Una richiesta fortissima di fronte ad una emergenza che si sta allontanando, nella percezione condivisa di un nemico che sta mutando.

Di fronte a una evoluzione che non ci è dato conoscere, ci troviamo immersi in strategie che vogliono fare dell’emergenza la regola, dello straordinario l’ordinario.
Allora la Costituzione ci viene in aiuto, sostanziando la nostra presa di coscienza con la forza del Diritto e dei diritti inalienabili. Tutto questo è molto ben argomentato nell’istanza alla quale sto facendo riferimento.

Vorrei contribuire a mia volta al dibattito che sta coinvolgendo tanti educatori in questi giorni, con riflessioni che mi stanno animando in questo periodo e che credo possano portare un nuovo punto di vista e una ulteriore lettura di quanto ci attende. 

Di fronte all’allerta generale per i frutti - ovvero i mancati frutti - della DAD e del rischio, per un buon numero di bambini, di trovarsi a settembre a seguire le lezioni per mezzo di un computer a casa, potremmo sentirci tutti sollevati all’idea che tutto questo potrebbe essere superato: bambini tutti a scuola tra i banchi disposti come sempre, nelle classi che la nostra ministra ha chiamato “classi pollaio”, senza le disposizioni per il distanziamento sociale, forse con le mascherine (altro tema che non voglio aprire qui), ma tutto sommato sollevati dallo scampato pericolo.
La mia domanda è: con quale didattica?

Il mio timore, non credo così remoto, è il rafforzamento di una linea che appoggia da anni l’entrata dei computer nelle classi. Una via ambita anche da chi vede in questa soluzione un ulteriore potenziamento di questa sostanziosa fetta di mercato, ma anche da chi vede nella scuola il luogo di addestramento della futura forza lavoro.
Già i nativi digitali hanno dimostrato una forte propensione per questi strumenti, anche perché sono fatti e pensati per essere facilmente accessibili a tutti.
Un'ulteriore alfabetizzazione verso le tecnologie potrebbe fare dei bambini di oggi degli adulti perfettamente integrati agli ingranaggi di una futura società sempre più robotizzata.
A discapito di cosa?

Già nel 2012 Manfred Spitzer, nella sua ricerca tradotta in italiano con il titolo Demenza digitale, scriveva:
Alla luce della massiccia diffusione degli strumenti di scrittura digitale, non sorprende che sempre più spesso i bambini abbiano il loro primo contatto con la lingua scritta in questo modo e molto meno attraverso la lettura di libri e la scrittura su carta.
I risultati dei primi studi su questo argomento indicano che un’accresciuta digitalizzazione della scrittura, che fa la sua comparsa già nell’infanzia, ha conseguenze negative sulla capacità di lettura di bambini ed adulti. Rispetto all’approccio con la matita, l’apprendimento delle lettere attraverso la tastiera porta ad una difficoltà maggiore nel riconoscimento delle singole lettere.
(...) Prima di introdurre computer portatili negli asili e nelle scuole elementari, dovremmo sapere che cosa stiamo facendo ai nostri figli.
Questo per riportare solo un aspetto toccato dall’autore; ve ne consiglio la lettura perché è molto più vasta, ricca ed esaustiva su questo tema. 

Molti educatori sanno già che l’acquisizione delle competenze scolastiche tramite le tecnologie può facilitare coloro che hanno bisogno di ausili negli apprendimenti, bambini con bisogni speciali per cui è previsto un sostegno in tal senso, ma può compromettere irrimediabilmente gli apprendimenti, quali la scrittura a mano o il calcolo, per coloro che ne avrebbero facoltà.

L’impugnatura della matita e la postura vanno curati e seguiti sotto l’occhio vigile dell’insegnante. Le neuroscienze ci dicono che il cervello, nella sua funzione di adattamento all’ambiente in cui vive, anche in contesti “disfunzionali” procede per potature delle connessioni meno utili. E inoltre più a lungo un bambino è stato esposto a un contesto educativo, più difficilmente sarà in grado di invertire l’apprendimento sinaptico.
Vale a dire che non si torna più indietro se abituiamo i nostri bambini ad un utilizzo privilegiato del computer con motivazioni del tipo: di fronte a una nuova emergenza pandemica non ci faremo più trovare impreparati, i bambini saranno già in rete nelle classi (sarebbe più onesto dire "nella rete"), potranno collegarsi più facilmente in remoto dalle loro case.

Avremo contribuito a un notevole impoverimento delle loro capacità espressive e dello sviluppo delle loro competenze. 

Ho la fortuna di lavorare da più di vent’anni in un contesto educativo dove, mettendo al centro i bambini nel rispetto delle loro tappe di sviluppo, viene dato alle arti (pittura, modellaggio, recitazione, euritmia), alle attività manuali (telaio, cucito, maglia, panificazione), alle attività motorie e ai giochi di squadra una centralità che non può essere abdicata se non al prezzo insostenibile della perdita di una chiara identità pedagogica.
Tutti gli apprendimenti sono veicolati da un contributo artistico portato direttamente dall’insegnante e fatto vivere ai bambini con tutto il loro corpo e la loro anima. 

La scuola dei copia e incolla ha già portato i suoi frutti, sono sotto gli occhi di tutti gli educatori, soprattutto degli insegnanti delle superiori e dei docenti universitari che si trovano ad avere a che fare con degli elaborati dove manca per l’appunto la capacità di elaborare, avendo privilegiato quella di tagliare e incollare direttamente da internet.

Non abbiamo bisogno di sperimentare una scuola nuova nella direzione delle tecnologie, abbiamo bisogno di ripensare una scuola a misura dei bambini.

Di fronte all'emergenza del Coronavirus questo tema può sembrare secondario ma a mio avviso no.
Io vedo il pericolo dietro l’angolo e voglio portare la luce di una scuola che deve riprendersi la dignità di ripensarsi per tutelare il bene dei bambini.

Come educatori dobbiamo assumerci la responsabilità di portare la nostra voce a sostegno dell’infanzia. Noi sappiamo che tutto ciò che non viene curato al servizio del bene del bambino si ripercuoterà sulla sua intera esistenza e dobbiamo anche nutrire la fiducia e la speranza che questo risuoni nel cuore di tutti coloro che riconoscono il valore dell’infanzia. 

P. S.
Ho appena finito di scrivere questa lettera, quando mi arriva un comunicato dell’ANSA relativo a un intervento, in data di ieri, della Ministro Azzolina al Microsoft Edu Day nel quale, dopo aver dichiarato che la DAD non potrà mai sostituire la didattica in presenza, ha aggiunto:
"Dobbiamo fare in modo che quanto acquisito possa fare parte del patrimonio della scuola, che sia più moderna e tecnologica, questo è l’obiettivo: trasformare l’emergenza in opportunità. Io sarò orgogliosa se questo accadrà."
Ha anche sottolineato quanti milioni di euro sono già stati stanziati dal governo a tale scopo. 

Le tecnologie le chiederanno anche molti genitori, non ho dubbi.

Prepariamoci a proteggere i bambini: non facciamo solo corsi per alfabetizzarci a nostra volta con questi strumenti tecnologici, ma attingiamo informazioni anche dalla letteratura che già ci parla dei possibili effetti collaterali di uno “sdoganamento” troppo precoce all’utilizzo delle tecnologie, anche per uso scolastico

Sono ben consapevole che questo è solo uno dei tanti aspetti su cui dobbiamo affrettarci a fare ricerca in questo momento. Ce ne sono tanti altri, alcuni li ho evidenziati all’inizio di questo lavoro, per altri forse non ci siamo ancora risvegliati.

Buon lavoro a tutti, non è questo il momento per fermarsi ad aspettare.

Silvana Minari
Insegnante di scuola dell’infanzia dal 1999

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