25 luglio 2020
Milano
"A scuola!"
Riflessione per una scuola che accoglie
Appello ai professionisti della scuola italiana
Vorrei cominciare leggendovi un post trovato sui social che ha suscitato la riflessione che vi propongo di seguito:
“Immaginate un bambino. Sei anni appena compiuti. 25 chili scarsi. Primo giorno di prima elementare. Un giorno importante. La mamma non lo può accompagnare. Entra da solo in una classe di sconosciuti di cui non vede il viso. Si siede da solo. Ha paura. È agitato. Respira forte e la mascherina gli fa annebbiare gli occhiali. Avrebbe bisogno di un sorriso ma nessuno può sorridere. Di un abbraccio ma nessuno glielo può dare. Distanziamento sociale. Niente “dai, siediti vicino a me, teniamoci la mano”. Niente “a ricreazione giochiamo con il mio Gormita.”
È solo. Gli manca la mamma. Piange. Le lacrime gli bagnano la mascherina. La maestra gli dice che non può piangere, che non può toccarsi, che è pericoloso, che deve disinfettarsi. Che nessuno lo può consolare. Nessuno gli può sorridere. È solo. Distanziamento sociale. Se questo è un bambino, se questo è uno dei momenti più importanti della sua vita, se questa sarà la sua vita 5/6/7 ore al giorno, se voi avete il coraggio di mandare i vostri figli a scuola così… io non ce la posso fare. Mi fa soffrire prendere questa decisione.”
(Dal web: mamma Ginevra)
Ecco cosa sarà l’ingresso di un bambino in prima elementare a settembre se accettiamo le proposte del Governo!
Tutte le volte che leggo questa riflessione mi vengono le lacrime agli occhi - e mi scuso se sta accadendo anche adesso - ma mi tocca l’anima, perché ogni volta che la leggo IO sono quella maestra o professoressa che non potrà confortare quel bambino… e IO sono quel bambino che non potrà avere una carezza da quella maestra o un conforto da un compagno… ma personalmente non voglio che sia così, mi opporrò con tutte le mie forze perché non sia così!
PUO’ non essere così, se tutti ci opporremo a queste direttive. Alcuni medici, ad esempio, hanno evidenziato il fatto che l’uso prolungato delle mascherine a scuola può essere pericoloso per i bambini, ma non è da sottovalutare anche l’aspetto psico-pedagogico di questo argomento… la comunicazione non è solo quella verbale – che pure sarebbe limitata dall’uso delle mascherine - ma anche e soprattutto quella non verbale… perché ti permette di vedere oltre ciò che viene detto, di sviluppare empatia, di comprendere l’altro. Nella comunicazione, infatti, sono importanti la postura del corpo, l’espressione del viso… in particolare gli occhi, per cogliere i quali è necessario essere in grado di leggerli ed è necessario stare vicini, oppure la parte inferiore del viso, quindi la bocca, che risulterebbe coperta dalla mascherina e di fatto non leggibile. Senza le informazioni provenienti da tutti questi elementi, al comunicazione risulterebbe mancante perché privata di una parte fondamentale… Discorso, questo, da prendere in considerazione non solo nel rapporto tra pari, ma anche tra insegnante e alunno e viceversa. Ma come sarà possibile, quindi, comunicare con i propri alunni? Come sarà possibile usare la propria empatia per comprenderli a fondo?
E ancora… mi domando, a questo punto, a cosa s’intenda arrivare… stiamo parlando di una sorta di riprogrammazione neurologica… sì, perché si parte dai bambini molto piccoli… come se dovessero riprogrammare le generazioni future: quale momento migliore per iniziare se non quello dell’infanzia? E quanto pensate che ci metteranno questi bambini, cito testualmente un documento della Dott.ssa Vincenti, “a diventare capaci di distanziarsi, di avere paura della vicinanza dell’altro”? Fine citazione e proseguo… In questo modo impediamo loro di interagire psichicamente imitandosi tra loro. Lo scambio tra pari è fondamentale per lo sviluppo psicofisico armonico del bambino e presuppone la relazione e il contatto. La mancanza di socialità e di confronto tra pari precluderà ai nostri bambini e ragazzi di sviluppare capacità di problem solving, di imparare l’empatia, di lavorare sulla propria autonomia all’interno del gruppo classe…
In un comunicato di Psichiatri e psicologi si legge che il lockdown ha già segnato questi giovani con l’isolamento, con sintomi depressivi, con violenza e aggressività, con la trasmissione di un senso di incoerenza, con un’overdose tecnologica… mi chiedo quale futuro, quale Italia… quale mondo vogliamo lasciare ai nostri figli?
Bambini e ragazzi, già provati da questo lockdown, che se si dovesse procedere in questa direzione nella migliore delle ipotesi diventeranno degli adulti ipocondriaci, con la paura della vicinanza, con la paura del prossimo, del contatto, del confronto. E chi si prenderà la responsabilità di eventuali danni psicologici dei bambini?
Del resto, si sa, l’uomo è un animale sociale, ma se i bambini non la imparano questa socialità, se devono essere divisi in gruppi che non possono interagire tra loro, se vivono la scuola come un ambiente che ostacola la socializzazione, che adulti diventeranno?
Il Ministero della pubblica istruzione ha redatto delle Linee guida per il rientro a scuola a settembre. Si tratta di oltre 50 pagine che restano sul vago, specie da un punto di vista attuativo, poiché delegano molte decisioni importanti ai singoli istituti, di fatto ai singoli Dirigenti scolastici. In altre parole, le direttive ministeriali restano su posizioni ferree principalmente riguardo l’utilizzo delle mascherine e il distanziamento fisico tra gli studenti, lasciando la risoluzione delle problematiche di tipo pratico, con le relative responsabilità civili e penali, alle singole scuole. E, ciliegina sulla torta, oltre al danno la beffa: cito testualmente dal documento:
“ (…) ad esempio, il rito frequente dell’igiene delle mani e la protezione delle vie respiratorie, la distanza di cortesia, potranno diventare nuove ‘routine’ da vivere con serenità e gioiosità. (…)”…e lascio a voi i commenti, perché personalmente trovo queste parole incommentabili.
Mi sembra che dal governo continuino a chiedere agli insegnanti, chiedere senza dare nulla in cambio. Fino a prima dell’emergenza, le direttive nazionali erano centrate sulla didattica per competenze, verifica per competenze, peer to peer, cooperative learning, compiti di realtà… Pare che noi insegnanti non facciamo mai abbastanza… non SIAMO abbastanza, mi viene da pensare… nonostante la teniamo in piedi da anni, questa scuola, senza mezzi, con le nostre forze e grazie anche a tutti i docenti precari…
Ma noi siamo stati formati, abbiamo partecipato a corsi, seguito webinar, studiato questi argomenti… e ora stanno dicendo che tutte le conoscenze e le competenze che abbiamo accumulato negli anni non servono più a nulla? Perché mi chiedo come sia possibile fare cooperative learning in presenza ma stando a distanza… come sia possibile far lavorare i bambini e ragazzi attraverso il peer to peer senza che possano stare seduti vicini… come sia possibile progettare e realizzare un compito di realtà con una classe che non può interagire, non può scambiare.
Inoltre è evidente che in una situazione del genere - con la didattica in presenza ma di fatto a distanza - venga meno il diritto alla libertà di insegnamento sancito dalla nostra Costituzione all’Art. 33, del quale cito la prima parte: “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento. (…)” o forse questo articolo non è più valido?
Trovo sia doveroso fare una riflessione rivolta in particolare alle fasce più deboli… parlo dei bambini disabili, ma non solo… anche dei bambini con Disturbo specifico dell’apprendimento e Bisogni Educativi Speciali, che di recente sono decisamente in aumento… Loro che più di tutti sono stati abbandonati, specie in fase di lockdown… Bambini e ragazzi che, se non ci fossero stati i loro insegnanti a supportarli a distanza, probabilmente si sarebbero persi. Mi domando come si possa lavorare su un sostegno o su un potenziamento in queste condizioni, se sono necessarie distanza e mascherine… ma queste precauzioni sono davvero necessarie? Specie se pensiamo che a quanto pare il 31 luglio terminerà lo stato d’emergenza. O hanno già deciso che a colpi di proroghe arriveremo al 31 ottobre, poi al 31 dicembre e così via, prorogando fino a quando lo riterranno opportuno?
Invece hanno istituito delle task force, quella per la sanità e quella per l’istruzione in particolare, all’interno delle quali mancano rispettivamente psicologi, neuropsichiatri, pedagogisti e sociologi… E forse sarebbe stato anche il caso di chiedere la partecipazione dei professionisti della scuola, ovvero degli insegnanti di ogni ordine e grado, di quelli che la scuola - quella vera - la vivono ogni giorno sulla propria pelle!
Io sogno una scuola nella quale veramente il bambino sia al centro del progetto educativo e didattico, una scuola nella quale venga permesso loro di scoprire e sviluppare i propri talenti, una scuola che li educhi a sviluppare un proprio pensiero libero e critico… e - se vogliamo - un mondo diverso! Credo sia questa l’unica strada percorribile, perché i bambini e i ragazzi di oggi saranno gli adulti di domani… e solo se avranno gli strumenti e le competenze adeguate saranno in grado di costruire un mondo nuovo, il mondo che vorranno.
Vorrei fare un appello a tutti i professionisti della scuola italiana: non permettiamo che distruggano la scuola pubblica! Lo dobbiamo a noi stessi e a tutti i figli dell’Italia!
Riprendiamoci la scuola e ricostruiamo una scuola vera, una scuola che si faccia davvero comunità! Immaginiamola questa scuola che vogliamo, senza distanze!
E che sia davvero inclusiva! Una scuola che accoglie, perché il pensiero crea!
Prof.ssa Arianna Pala
La Scuola Che Accoglie